La carne vegetale è ultraprocessata?

La carne a base vegetale è una delle categorie di prodotti che i consumatori associano maggiormente ai prodotti ultraprocessati, ma la ricerca ha anche scoperto che può apportare numerosi benefici alla salute. Che cosa significa? Esaminiamo i dati.

La carne vegetale è ultraprocessata?

Negli ultimi anni è cresciuta la preoccupazione dei consumatori e dei professionisti sanitari nei confronti degli alimenti ultraprocessati (ultra-processed foods – UPFs), una categoria a cui molti associano anche le alternative vegetali a carne, uova, pesce e latticini. Tuttavia, dal punto di vista nutrizionale, la carne plant-based è molto diversa dagli alimenti che fanno parte di questo gruppo: a differenza della maggior parte degli alimenti ultraprocessati infatti, la carne a base vegetale rappresenta una fonte di fibre a basso contenuto di zuccheri e di grassi saturi.

Di seguito esaminiamo la letteratura scientifica esistente (aggiornata al novembre 2023) sugli alimenti ultraprocessati e sul loro legame con la carne a base vegetale.

La carne vegetale è ultraprocessata?

Proprio come avviene per i prodotti a base di carne animale, il livello di lavorazione a cui sono sottoposti i prodotti a base vegetale è molto eterogeneo. Alcuni prodotti oggi disponibili sul mercato italiano ed europeo rientrano nella definizione Nova 1 di “minimamente lavorati”, mentre altri rientrano nella categoria Nova 4 “ultra-lavorati”.

Ma queste classificazioni dicono poco sull’effettivo contenuto nutrizionale di questi prodotti. Nella tabella che segue, confrontiamo la carne a base vegetale e quella convenzionale lavorata con alcune delle caratteristiche più comunemente utilizzate per descrivere gli alimenti ultraprocessati, sulla base dei valori medi di questi prodotti. Da ciò si può notare che non sono perfettamente equiparabili. La carne plant-based non è l’unico prodotto a essere penalizzato in questo modo e diverse organizzazioni che si occupano di nutrizione hanno espresso il timore che questo sistema di classificazione possa da allontanare i consumatori da alimenti come il pane integrale e i cereali fortificati senza una reale giustificazione.

Comparison of plant-based meat and conventional meat compared to commonly described features of ultra-processed foods
*Il confronto si basa su valori medi ricavati da studi sui profili macronutrienti delle carni lavorate e delle carni vegetali in Spagna, Italia, Paesi Bassi, Svezia, Regno Unito e Germania. I dati degli studi non comprendevano valori soggettivi come “conveniente” o “non può essere preparato in una cucina domestica”. Le categorizzazioni per questi due elementi sono state quindi dedotte sulla base degli esempi utilizzati nelle definizioni di alimenti ultra-lavorati.

La carne a base vegetale è raramente menzionata negli studi di riferimento sugli UPF e negli studi che suddividono l’impatto sulla salute per gruppo di alimenti, gli UPF che forniscono una fonte di fibre, come la carne vegetale, sono stati associati a una riduzione dei rischi per la salute. Dato che la carne di origine vegetale ha una composizione nutrizionale molto diversa da quella di un ‘tipico’ cibo ultraprocessato, è improbabile che i risultati possano essere generalizzati.

Sebbene siano necessarie ulteriori studi, quelli che hanno preso in esame la carne a base vegetale hanno suggerito che consumarla al posto della carne animale convenzionale potrebbe:

Che cos’è esattamente un alimento ultraprocessato?

Il termine ultraprocessato è ampiamente utilizzato, ma non è del tutto compreso né dagli esperti né dal pubblico in generale. Infatti, uno studio che ha chiesto a professionisti della nutrizione e specialisti dell’industria alimentare di classificare gli alimenti come ultraprocessati o meno ha riscontrato un consenso solo del 32-34%.

Trasformazione è un termine ampio, che spazia da processi semplici come la triturazione ad altri più complessi come la fermentazione, la pastorizzazione, l’estrusione o la distillazione. Il livello di lavorazione degli alimenti è solitamente determinato dal sistema di classificazione Nova, sviluppato dal ricercatore brasiliano Carlos Augusto Monteiro nel 2009. 

Di seguito è riportato uno schema semplificato delle definizioni delle categorie Nova:

  • Nova 1: alimenti non trasformati o minimamente trasformati. La lavorazione minima comprende la rimozione di parti non commestibili o indesiderate di una fonte alimentare. 
  • Nova 2: Ingredienti culinari trasformati. Sostanze ricavate da alimenti del gruppo 1 o dalla natura che vengono trasformate per essere utilizzate in cucina. Questi alimenti vengono raramente consumati da soli.
  • Nova 3: Alimenti trasformati. Alimenti del primo gruppo che sono stati trasformati e/o combinati con alimenti del secondo gruppo, oppure alimenti del secondo gruppo che sono stati ulteriormente trasformati in un prodotto finale pronto da cucinare o da mangiare.
  • Nova 4: Alimenti ultra-lavorati. Alimenti prodotti con una serie di fasi di lavorazione, compresa l’aggiunta di ingredienti artificiali, che di solito contengono pochi o nessun alimento del gruppo 1 intatto.

Come si può notare, la collocazione degli alimenti di consumo in una determinata categoria è tutt’altro che intuitiva. Lo yogurt, ad esempio, è solitamente classificato come Nova 1, anche se contiene ingredienti come l’acido lattico ed è fermentato – aspetti che sembrerebbero collocarlo nella Nova 3. Allo stesso modo, i ceci in scatola vengono inseriti nella Nova 3, la stessa categoria di alcuni tipi di carni lavorate come salsicce e pancetta, anche se questi alimenti hanno caratteristiche nutrizionali totalmente diverse.

Gli alimenti ultraprocessati non sono tutti uguali

Come discusso in precedenza, le caratteristiche nutrizionali degli alimenti che rientrano negli UPF variano in modo significativo, per cui gli studi basati su definizioni poco chiare rischiano di non cogliere importanti sfumature su ciò che effettivamente si può considerare dannoso per la salute all’interno di questa categoria.

Uno studio pubblicato su The Lancet, che suddivide gli UPF per sottocategoria, ha rilevato che per la maggior parte dei gruppi di alimenti, il livello di lavorazione non è associato a un impatto negativo sulla salute. Non è emersa alcuna evidenza che il livello di lavorazione di dolci e dessert, piatti pronti, snack salati e carne a base vegetale influisca sullo stato di salute.

Lo studio ha anche rilevato che alcuni alimenti ultraprocessati, come il pane integrale e i cereali per la colazione, sono correlati a effetti positivi sulla salute, il che, secondo i ricercatori, potrebbe essere attribuito al loro elevato contenuto di fibre.

Solo due categorie di UPF esplorate nello studio sono risultate significativamente associate a impatti negativi sulla salute: la carne convenzionale lavorata e le bevande zuccherate e dolcificate.

L’impatto sulla salute delle carni lavorate e ultra-lavorate

La carne convenzionale, che spesso i consumatori sostituiscono con quella di origine vegetale, rappresenta una parte consistente degli alimenti ultraprocessati consumati in Europa, e lo studio sopra citato non è l’unico a identificare il legame tra l’elevato consumo di carne convenzionale lavorata e l’aumento dei rischi per la salute (vedasi gli studi di coorte NutriNet Sante e Nurses Health Study per maggiori dettagli).  

È importante notare che le evidenze sugli effetti dannosi della carne rossa e di quella lavorata non emergono solo da ampi studi che esaminano gli alimenti ultraprocessati. Gli studi che prendono in considerazione esclusivamente le carni rosse e lavorate offrono evidenze più certe, poiché si basano su definizioni più concrete. Le revisioni sistematiche (il gold standard per le evidenze scientifiche) hanno trovato una correlazione tra le carni lavorate e le principali patologie legate all’alimentazione in Europa, come le malattie cardiache (la principale causa di morte in Europa) e il diabete, nonché il tumore all’intestino (il secondo più diffuso e la seconda causa di morte per cancro in Europa).

L’impatto della lavorazione sul valore nutrizionale della carne a base vegetale

È universalmente riconosciuto che gli alimenti vegetali integrali debbano costituire la base della piramide alimentare in una dieta sana ed equilibrata, ma questo non significa che tutte le lavorazioni siano intrinsecamente negative. Il modo in cui viene prodotta la carne a base vegetale può migliorarne alcuni valori del profilo nutrizionale rispetto agli ingredienti grezzi, un aspetto importante da considerare nella transizione verso un’alimentazione più vegetale.

Migliorare la biodisponibilità

La biodisponibilità di un nutriente indica la facilità con cui l’organismo lo scompone e lo utilizza. Le fonti proteiche vegetali possono essere meno biodisponibili, ma alcuni metodi di lavorazione utilizzati per produrre carni plant-based vanno proprio a migliorare questo aspetto, mentre alcuni studi suggeriscono che le fonti proteiche derivate da funghi e alghe abbiano una biodisponibilità equivalente a quella delle proteine animali.

Le differenze di biodisponibilità tra le fonti proteiche vegetali e altre fonti come funghi, alghe e animali sono dovute ai cosiddetti “antinutrienti”, sostanze chimiche che le piante producono come meccanismo di difesa per ridurre la digeribilità dei nutrienti presenti al loro interno.

Le tecniche di lavorazione utilizzate per produrre carne plant-based possono offrire alcuni vantaggi rispetto ai vegetali non trasformati, riducendo la presenza di questi antinutrienti e potenziando altre caratteristiche che migliorano la biodisponibilità.

Proteine complete e migliori profili aminoacidici 

Le proteine sono costituite da elementi costitutivi chiamati aminoacidi. Alcuni di questi possono essere prodotti dal nostro organismo, mentre altri devono essere ricavati dagli alimenti che mangiamo (i cosiddetti “aminoacidi essenziali”). Non tutte le proteine sono uguali ed è importante assicurarsi che tutte le fonti proteiche assunte forniscano tutti gli aminoacidi essenziali.

Le proteine animali e quelle derivate da funghi (come le micoproteine) sono “complete”, cioè contengono tutti gli aminoacidi essenziali, ma questo non vale per tutte le proteine vegetali.

La maggior parte delle fonti proteiche di origine vegetale, come i fagioli o il glutine presente nel frumento, non sono di per sé fonti proteiche complete. Tuttavia, molti piatti semplici e popolari, come pasta e fagioli, li combinano e permettono quindi di ottenere tutti gli amminoacidi essenziali.

Esistono però anche proteine vegetali complete, che spesso vengono utilizzate come base per le alternative vegetali alla carne, come ad esempio la soia e la quinoa (oltre alle già citate micoproteine).

Le carni plant-based possono anche combinare diversi tipi di proteine per ottenere un equilibrio aminoacidico ottimale. Un esempio utilizzato è la combinazione di proteine provenienti da cereali e legumi. I cereali sono solitamente poveri di lisina, mentre i legumi tendono ad essere poveri di cisteina e metionina, ma una combinazione di proteine del grano e del pisello fornisce un profilo aminoacidico completo.

Micronutrienti e fortificazione

Attualmente, i profili dei micronutrienti delle carni a base vegetale variano molto in base al prodotto e questo aspetto è oggetto di una crescente attenzione da parte del settore. La fortificazione è infatti stata identificata come un’interessante opportunità per facilitare la transizione verso diete più vegetali.

La carenza di alcuni nutrienti chiave tra la popolazione europea è molto comune. Sebbene molte di queste derivino dal consumo insufficiente di frutta e verdura, man mano che le diete diventano sempre più a base vegetale, potrebbe essere necessario prestare maggiore attenzione a quei nutrienti che attualmente sono forniti principalmente dai prodotti animali, come ferro, zinco e vitamina B12. Come per le proteine, la biodisponibilità dei nutrienti è un aspetto importante negli alimenti a base vegetale.

Sul mercato europeo, sono già disponibili prodotti con un’ottima biodisponibilità di micronutrienti, come quelle a base di micoproteine, e sono in corso ricerche per migliorare ulteriormente il profilo degli ingredienti.

Ma la carne vegetale non è piena di ingredienti e additivi?

La maggior parte degli alimenti presenti nei supermercati, compresi i prodotti a base di carne convenzionale e vegetale, contiene additivi. Tutti gli additivi alimentari utilizzati in Europa devono soddisfare rigorosi criteri di sicurezza alimentare, che richiedono un ampio numero di test di qualità prima di essere approvati. Tuttavia, di recente sono emerse preoccupazioni sul fatto che gli effetti di alcuni additivi non siano ancora stati scoperti.

Conservanti, emulsionanti, gelificanti, addensanti ed edulcoranti sono alcuni gruppi chiave che vengono spesso analizzati in questo contesto.

Conservanti

I conservanti sono importanti per migliorare la durata di conservazione dei cibi e ridurre gli sprechi alimentari. Il sale è un esempio di conservante molto comune e utilizzato, ma non è l’unico. Recenti studi hanno suggerito che l’aggiunta di nitrati, nitriti e nitrosammine, che sono comunemente utilizzati in salumi e insaccati per esempio, possa essere collegata a un aumento del rischio di cancro.

Emulsionanti

Gli emulsionanti sono il gruppo di additivi più comunemente utilizzati in tutti gli alimenti. Nella carne a base vegetale, vengono utilizzati per ricreare una consistenza simile a quella della carne animale. Gli emulsionanti si trovano naturalmente in molti alimenti non processati, come uova, semi e legumi, e sono spesso prodotti dall’organismo.

La ricerca ha suggerito che gli emulsionanti possano contribuire ad alcune delle correlazioni negative per la salute osservate negli studi sugli alimenti ultra-lavorati, ma gli studi alla base di queste affermazioni sono stati oggetto di sostanziali critiche da parte degli esperti.

Di seguito sono riportati alcuni dei più comuni emulsionanti utilizzati nelle carni di origine vegetale e le ricerche sul loro specifico impatto sulla salute:

  • Gomma xantana: polisaccaride ottenuto da fermentazione microbica ed emulsionante di lunga data ampiamente utilizzato per la formulazione di salse, sughi e dessert grazie alle sue capacità di aumentare viscosità e consistenza degli alimenti. La gomma xantana è stata esaminata in una serie di studi randomizzati controllati e in studi RWE di follow-up. Un rapporto redatto per la Commissione europea e pubblicato nel 2017 ha rilevato che la gomma di xantano è del tutto sicura, senza effetti avversi degni di nota anche negli studi che prevedevano una più alta esposizione. Ciò è stato riscontrato in tutti i gruppi di età, compresi i bambini e i neonati.
  • Lecitine di origine vegetale: Si tratta di un gruppo consolidato di emulsionanti sui quali sono disponibili molti dati circa l’impatto sulla salute, sia da studi randomizzati controllati che da real world data. Anche in questo caso, una revisione condotta per la Commissione Europea e pubblicata nel 2017 ha rilevato che sono sicure, senza effetti avversi riscontrati anche negli studi a più alta esposizione. L’allergia per i soggetti allergici alla soia è stato il principale rischio individuato. Diversi studi preliminari hanno anche identificato potenziali benefici per la salute della lecitina di soia, tra cui l’abbassamento della pressione sanguigna e la riduzione del colesterolo, anche se questi sono ancora oggetto di dibattito tra gli esperti.
  • Metilcellulosa e idrossipropilmetilcellulosa: Si tratta di emulsionanti molto studiati e conosciuti (utilizzati anche per altre proprietà come la gelificazione) che non solo sono considerati sicuri, ma si ritiene che apportino benefici alla salute che sono stati convalidati dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). La metilcellulosa ha raggiunto una certa notorietà negli Stati Uniti dopo essere stata oggetto di un bizzarro spot pubblicitario contro la carne plant-based, incentrato sul fatto che metilcellulosa è una parola difficile da scrivere. Sebbene si tratti di una parola piuttosto lunga, la revisione sistematica dei dati sperimentali condotta dall’EFSA è stata positiva e ha rilevato che l’idrossipropilmetilcellulosa può aiutare a gestire gli zuccheri nel sangue e a ridurre il colesterolo. Alcuni studi hanno anche raccomandato l’aggiunta di idrossipropilmetilcellulosa come sostituto del grasso animale per migliorare il valore nutrizionale dei prodotti a base di carne animale.
  • Proteine vegetali isolate: Le proteine della patata e della fava sono comunemente utilizzate come emulsionanti nelle carni di origine vegetale. Non sono stati riscontrati problemi di salute e studi preliminari hanno suggerito che potrebbero contribuire a rallentare la digestione e migliorare il controllo glicemico degli alimenti.
I dolcificanti

Essendo le carni di origine vegetale prodotti salati, i dolcificanti vengono utilizzati molto raramente. Come gruppo di additivi, gli studi sugli effetti sulla salute associati ai dolcificanti artificiali non sono concordi. Una revisione sistematica pubblicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2022 ha rilevato che i dolcificanti non zuccherini possono avere un impatto a breve termine sul metabolismo del glucosio e determinare una riduzione del peso corporeo se associati a una restrizione calorica. Tuttavia, non è stato riscontrato un chiaro consenso sul loro impatto a lungo termine sulla perdita o sul mantenimento del peso e ha quindi raccomandato di non utilizzarli per questo scopo.

La carne a base vegetale e la dieta mediterranea

Nel complesso, le evidenze suggeriscono che il fatto che un prodotto di carne plant-based rientri o meno nella categoria degli alimenti ultraprocessati non dice molto su quanto sia sano; anzi, si è riscontrato che alcuni processi di lavorazione aumentano il valore nutrizionale aggiungendo o migliorando la biodisponibilità di importanti nutrienti.

La dieta mediterranea, famosa per il suo contributo nel ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, diabete e alcuni tipi di cancro, è un regime alimentare basato su un elevato consumo di frutta, verdura, legumi, cereali integrali, olio d’oliva e un moderato consumo di prodotti di origine animale. Nel contesto della dieta mediterranea, le proteine vegetali sono protagoniste assolute e come indicato nella piramide alimentare della Fondazione dieta Mediterranea andrebbero consumate quotidianamente.

Tuttavia, nonostante l’Italia sia considerata la patria della dieta mediterranea, l’indagine sui consumi alimentari realizzata dal CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) ha rivelato che gli italiani consumano troppi pochi alimenti vegetali (soprattutto frutta, verdura e legumi). Nella categoria della carne convenzionale, la carne processata emerge come la tipologia più consumata (59%). È quindi evidente che, nonostante le raccomandazioni di consumare molte proteine vegetali non trasformate come i legumi, i consumatori, per motivazioni legate al gusto e alla praticità, finiscano spesso per eccedere nell’assunzione di proteine animali lavorate.

La carne vegetale può rappresentare una soluzione facile e gustosa per i consumatori che vogliono integrare più alimenti vegetali nell’alimentazione, senza rinunciare ai sapori e alla consistenza della carne convenzionale.

Per maggiori informazioni su questo argomento, si rimanda al rapporto della ricercatrice della Churchill Fellowship Jenny Chapman sul tema degli UPF e al loro rapporto con la carne a base vegetale.

A soy root nodule under a microscope

Carne vegetale e salute

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