Carne coltivata: i ricercatori italiani chiedono libertà di ricerca e confronto con le istituzioni

22 gennaio 2024.

Diciotto accademici provenienti da sei università italiane, con il supporto del Good Food Institute Europe, hanno lanciato un appello per riportare la scienza al centro del dibattito sulla carne coltivata.

Microscope
Immagine creata utilizzando Dall-E

Ricerca libera da pressioni politiche, rispetto dell’autorità europea in materia di sicurezza alimentare, consulatazione degli stati membri e scelta del consumatore. Questi sono i punti fondamentali al centro di una petizione promossa da esperti che spaziano dalle biotecnologie al diritto, passando per scienze veterinarie e psicologia. 

Gli scienziati chiedono che la controversa legge italiana (ad oggi inapplicabile a causa della violazione della procedura TRIS) del 2023 che vieta la carne coltivata venga “formalmente cancellata e sostituita da norme che sostengano la ricerca e rispettino le istituzioni UE”. 

Sebbene la legge non precluda esplicitamente l’attività di ricerca scientifica, i ricercatori sottolineano come un clima ostile renda difficile sviluppare progetti affidabili e ottenere finanziamenti adeguati, oltre a creare un clima di sfiducia e incertezza tra i giovani ricercatori.

“La libertà di ricerca è essenziale, nell’interesse al progresso come diritto umano. Per questo serve l’igiene dell’informazione e va evitata l’applicazione incoerente del principio di precauzione. L’indipendenza delle istituzioni scientifiche nella valutazione dei rischi connessi ai novel food non è un valore di una parte politica e se un cibo, validato dall’EFSA viene autorizzato dalla istituzioni comunitarie, decidere se mangiarlo o no spetta solo al singolo cittadino.”

Le raccomandazioni dei ricercatori sono anche state pubblicate in una nota critica sulla rivista scientifica One Earth, volta a sottolineare che spetta alla scienza determinare se la carne coltivata possa rappresentare un’opzione sicura, sostenibile e complementare all’allevamento tradizionale. Prima di introdurre divieti preventivi, è essenziale favorire il confronto con la comunità scientifica e la società civile, garantendo un dibattito aperto e informato.