L’Italia vieta la carne coltivata: il paese rischia di essere tagliato fuori dall’innovazione e di bloccare lo sviluppo sostenibile

Con l’approvazione finale della Camera dei Deputati sono diventati legge i divieti di produzione e commercializzazione di carne coltivata e il meat sounding per le carni vegetali, ovvero l’utilizzo di termini come “salame” o “bistecca” per prodotti a base di proteine vegetali. La legge prevede sanzioni da 10.000 a 60.000 euro per ogni violazione.

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16. novembre 2023

Italy ban on cultivated meat passed the vote in the Chamber of Deputies

Con l’approvazione finale della Camera dei Deputati sono diventati legge i divieti di produzione e commercializzazione di carne coltivata e il meat sounding per le carni vegetali, ovvero l’utilizzo di termini come “salame” o “bistecca” per prodotti a base di proteine vegetali. La legge prevede sanzioni da 10.000 a 60.000 euro per ogni violazione.

Francesca Gallelli, consulente per gli affari pubblici del Good Food Institute Europe, ha dichiarato: “Questa misura non solo priverà i consumatori della libertà di scelta, ma taglierà fuori il paese dagli investimenti e dalla creazione dei posti di lavoro offerti da questo settore emergente. 

“Il dibattito sulla carne coltivata in Italia è stato alimentato da una campagna di disinformazione e da un attivo ostruzionismo, in quanto le audizioni parlamentari hanno intenzionalmente escluso le aziende e i sostenitori della carne coltivata. Il governo ha ribadito la sua intenzione a sottoporre nuovamente il provvedimento all’esame dell’Unione Europea, attraverso la procedura TRIS. Auspichiamo che l’invio della nuova notifica avvenga al più presto, per mettere in luce le criticità che la legge presenta per il mercato unico”.

Questa decisione è particolarmente rilevante considerando che l’Italia, con un tasso di autosufficienza del 42,5%*, è un significativo importatore di carne bovina da altri paesi europei e non europei, e sostenere la produzione interna di carne coltivata potrebbe contribuire a colmare questo divario.

Il provvedimento attacca anche l’etichettatura dei prodotti plant-based, vietando l’utilizzo di nomi di alimenti di origine animale, legati al mondo della carne. Questa misura danneggia direttamente le aziende italiane che realizzano prodotti a base di proteine vegetali, consumati regolarmente da un italiano su due. Le ricerche di settore dimostrano che l’Italia è il terzo mercato europeo per i prodotti a base vegetale, con un aumento delle vendite del 21% tra il 2020 e il 2022 e un giro d’affari che supera i  600 milioni di euro.Gallelli ha commentato: “Eliminare la possibilità di usare termini familiari per favorire il riconoscimento di un prodotto compromette la trasparenza, generando confusione per i consumatori laddove al momento non esiste, come dimostrato dai sondaggi.”

L’Alleanza Italiana per le Proteine Complementari, che riunisce imprese di settore, ricercatori e associazioni no profit,  ha commentato: “Questa legge dice agli italiani cosa possono o non possono mangiare, soffoca l’innovazione e quasi sicuramente viola il diritto comunitario. È davvero scoraggiante che l’Italia venga esclusa da una nuova industria che crea posti di lavoro e che venga impedito di vendere alimenti più rispettosi del clima.

“Un tempo pioniera per innovazioni che hanno cambiato il mondo, come la radio, i microchip, le batterie, le automobili e la moda, i politici italiani scelgono ora di far tornare indietro l’Italia mentre il resto del mondo va avanti”.

Un sondaggio condotto tra i consumatori italiani rivela che il 55% è interessato all’acquisto di carne coltivata, mentre il 75% crede che sia necessario ridurre il consumo di carne convenzionale.

Studi peer-reviewed dimostrano che la carne coltivata potrebbe ridurre le emissioni fino al 92%, in confronto alla carne bovina convenzionale, ridurre l’inquinamento atmosferico associato alla produzione di carne fino al 94% e utilizzare fino al 90% in meno di terreni. Questo incentiverebbe pratiche agricole più sostenibili, contribuendo a soddisfare la crescente domanda di carne e a tutelare l’ambiente.

Uno studio non ancora soggetto a revisione paritaria è stato citato in Italia per sostenere che la carne coltivata non apporterebbe benefici per l’ambiente rispetto a quella bovina. Tuttavia, tale studio si basa su presupposti errati riguardo ai metodi di produzione delle carni coltivate e i suoi risultati si discostano notevolmente dalla vasta letteratura scientifica sull’argomento.

Anche un rapporto sulla sicurezza delle carni coltivate della FAO e dell’OMS è stato completamente travisato, nonostante abbia sottolineato che molti dei potenziali problemi “sono già ben noti ed esistono altrettanto bene negli alimenti prodotti in modo convenzionale”.

La scelta dell’Italia va contro corrente rispetto a quella di altri paesi europei. Nel 2022 i Paesi Bassi hanno annunciato 60 milioni di euro di finanziamenti pubblici per la ricerca e lo sviluppo della carne coltivata e della fermentazione di precisione. Nel Regno Unito, il governo ha stanziato 12 milioni di sterline per le proteine sostenibili, tra cui la carne coltivata, mentre il governo danese ha di recente presentato un piano nazionale per sostenere l’industria nazionale dei prodotti vegetali.

Il governo spagnolo ha investito 5,2 milioni di euro in un progetto che studia il potenziale della carne coltivata nel prevenire le malattie legate all’alimentazione. In Catalogna, il governo federale ha recentemente investito 7 milioni di euro in un centro di ricerca che aiuterà le aziende a scalare la produzione di carne a base vegetale e ottenuta tramite fermentazione – che utilizza organismi come il lievito per produrre proteine animali e altri ingredienti per ottenere il sapore e la consistenza di carne, latticini e uova senza allevare animali.

*Dati ISMEA