Equità Fiscale: ripensare l’IVA sul latte vegetale in Italia e in Europa

In alcuni Paesi europei, il latte vegetale è soggetto a un’imposta sul valore aggiunto (IVA) significativamente più alta rispetto al latte animale, ma alcuni Stati stanno lavorando per garantire maggiore equità.

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10 guignio 2024

latte vegetale

In alcuni Paesi europei, Italia compresa, il latte vegetale è soggetto a un’imposta sul valore aggiunto (IVA) significativamente più alta rispetto al latte vaccino. Questa disparità è sorprendente se si considera che il latte vegetale ha un impatto ambientale molto minore ed è spesso un bene primario per chi soffre di intolleranze o allergie.

Il cosiddetto “gap IVA” è stato oggetto di un rapporto di ProVeg nel 2019, e i recenti sviluppi politici in diversi paesi europei hanno riportato la questione sotto i riflettori. Facciamo chiarezza sulla situazione in Europa per vedere dove si trovano queste disparità e cosa si sta facendo per fare sì che le proteine alternative possano giocare alla pari con i prodotti animali.

Che cos’è l’IVA?

L’IVA viene aggiunta al prezzo della maggior parte dei beni e servizi di consumo. In molti Paesi, il governo può applicare un’aliquota ridotta o un’esenzione dall’IVA a prodotti considerati di prima necessità, per agevolarne l’acquisto rendendoli più convenienti e accessibili per i consumatori.

Le aliquote IVA, le riduzioni e le esenzioni variano molto da Paese a Paese, ma nell’UE le aliquote standard devono essere almeno del 15% e le aliquote ridotte devono essere almeno del 5%(con alcune eccezioni specifiche in cui è consentito lo 0%) .

In Italia, come riportato dal sito dell’Agenzia dell’Entrate, l’aliquota ordinaria IVA è del 22%.

Sono previste, inoltre, delle aliquote ridotte per specifici beni e servizi:

Perché l’IVA è diversa tra il latte vegetale e il latte vaccino?

Nella maggior parte dei Paesi europei il latte vegetale è tassato con la stessa aliquota del latte vaccino, poiché entrambi sono considerati alimenti di base.

In altri, invece, l’IVA sul latte vegetale è notevolmente più alta. Le ragioni esatte di queste differenze variano, ma di solito derivano dal modo in cui il latte vegetale e il latte vaccino sono classificati. In molti paesi per esempio il latte vaccino è considerato un bene di prima necessità, mentre il latte vegetale è considerato semplicemente una “bevanda”, anche se per il consumatore finale – a maggior ragione in presenza di allergie e intolleranze, finalità e utilizzo sono identici. 

L’IVA sul latte vegetale in Italia 

In Italia si applica un’aliquota ridotta del 4% sul latte pastorizzato e del 10% sul latte fresco e conservato. Al latte vegetale invece si applica un’aliquota del 22%, ovvero la stessa applicata ai beni ordinari, compresi i beni di lusso.

In Italia si ritiene che circa metà della popolazione sia intollerante al lattosio, anche se non tutti manifestano sintomi. Appare quindi evidente che per una grandissima parte della popolazione il latte vegetale non sia affatto un ‘bene di lusso’ bensì un pilastro della propria dieta.

Il latte vaccino è anche la più comune allergia alimentare infantile, che colpisce tra il 2% e il 7,5% dei neonati e dei bambini.

Nonostante la disparità di IVA, quella del latte vegetale è la categoria di prodotti vegetali che più è cresciuta in Italia tra il 2020 e il 2022, registrando una crescita a doppia cifra (14%). In termini di prezzo medio unitario, la categoria del latte vegetale ha risentito meno dell’inflazione e dell’aumento dei prezzi nel 2022. I prezzi del latte vegetale sono aumentati del 3%, mentre i prezzi del latte convenzionale sono aumentati del 13%. Nel 2022 il latte vegetale deteneva una quota di mercato del 12% sul totale della categoria latte.

Perché è importante non penalizzare il latte vegetale?

Ci sono molte ragioni per cui l’11% dei consumatori europei sta scegliendo di acquistare il il latte vegetale.

Il latte vegetale presenta importanti vantaggi rispetto al latte vaccino in termini di utilizzo del suolo, emissioni di gas serra, utilizzo di acqua e inquinamento da azoto. Si stima che i latticini rappresentino il 25-30% dell’impronta di carbonio della dieta dell’europeo medio.  

Infine, poiché la produzione di latte vegetale è molto più efficiente di quella del latte vaccino e si basa su una catena di approvvigionamento molto più breve, è meno esposta agli shock di approvvigionamento e all’inflazione. Ciò significa che può svolgere un ruolo importante nell’aumentare la sicurezza alimentare e fornire maggiore stabilità alle aziende e ai consumatori, ma questi vantaggi sono compromessi dagli aumenti artificiali dei prezzi causati dalla disparità dell’IVA.

I Paesi con un’IVA più alta sul latte vegetale sono l’eccezione, non la regola in Europa. La maggior parte dei Paesi, tra cui Belgio, Finlandia, Francia, Irlanda, Portogallo e Regno Unito, applica la stessa aliquota IVA sia al latte vegetale che a quello convenzionale. L’Italia non è però l’unico paese a mantenere un’aliquota IVA discriminatoria nei confronti del latte vegetale: una situazione simile si presenta anche in Austria, Germania, Spagna e Ungheria (l’unico paese ad avere un’aliquota maggiore dell’Italia al 27%).

Il latte vegetale è un alimento di base per milioni di persone in Europa. I motivi che spingono i consumatori a fare questa scelta sono molteplici: intolleranza o allergia al lattosio, sostenibilità, biodiversità, salute o semplicemente perché lo preferiscono.

Un’aliquota IVA preferenziale sul latte convenzionale ma non su quello vegetale penalizza i consumatori che fanno scelte più sostenibili e aumenta ingiustamente i costi per chi soffre di intolleranze e allergie. La riduzione del divario dell’IVA è un passo semplice per ridurre un ingiusto svantaggio applicato a un gruppo di prodotti che hanno un ruolo importante da svolgere nel futuro del nostro sistema alimentare.