Carne vegetale e meat sounding: la confusione nei consumatori non esiste

La corte di cassazione francese ha stabilito che i prodotti a base di carne vegetale non inducono in errore i consumatori. Nel frattempo, il governo italiano ha introdotto restrizioni sull’etichettatura dei prodotti a base vegetale, vietando l’uso di nomi legati alla carne.

plant-based ham and salami slices by Vegfather as part of a healthy sharing board
Foto da: Vegfather

I prodotti plant-based che utilizzano nomi associati alla carne convenzionale non inducono in errore i consumatori. Lo ha deliberato la Corte di Cassazione francese, ponendo fine  alla lunga disputa tra Interbev, rappresentante della filiera bovina francese, e Nutrition & Santé, produttore di “bistecche vegetali” (steaks végétaux).

Le accuse di pratiche commerciali fuorvianti sono state respinte in tutti i gradi di giudizio. I giudici hanno appurato che i consumatori non possono essere ingannati, poiché le etichette e la pubblicità chiariscono sempre in modo inequivocabile la composizione vegetale dei prodotti. Hanno inoltre concluso che, anche quando questi prodotti sono esposti nei reparti dedicati alla carne convenzionale nei negozi, risultano chiaramente identificabili.

In Belgio il governo, che aveva deciso di riesaminare la questione del meat sounding attraverso l’istituzione di un gruppo di lavoro, ha fatto dietrofront. Il ministro dell’economia Pierre-Yves Dermagne ha infatti annunciato che non intende stabilire linee guida per l’etichettatura dei prodotti plant-based. La misura era stata fortemente criticata perché avrebbe danneggiato una categoria di prodotti molto popolare tra i consumatori che rappresenta un alleato nella lotta contro i cambiamenti climatici e per la tutela della salute pubblica.

Gli sviluppi osservati in Francia e Belgio sono particolarmente rilevanti per il settore in Italia. La presunta confusione dei consumatori è infatti  tra le motivazioni alla base della legge con cui il governo italiano, senza presentare alcun dato a supporto,  ha deciso di vietare i termini legati alla carne convenzionale per le carni vegetali. Contrariamente al Belgio, inoltre, l’Italia non ha considerato il danno economico ad un settore in crescita (+21% nel 20-21) e con un giro di affari che supera i 600 milioni di euro

Francesca Gallelli, consulente per gli affari pubblici del Good Food Institute Europe, ha dichiarato: “Il diviento italiano non ha tenuto conto nè delle evidenze nè dell’impatto economico che questa misura avrà sulle aziende italiane del settore. Come osservato in Francia, queste restrizioni non tutelano i consumatori anzi creano confusione. Infatti, i sondaggi tra i consumatori mostrano che la stragrande maggioranza dei cittadini europei è a favore del mantenimento del meat sounding per i prodotti a base vegetale.

“Eliminare la possibilità di usare termini familiari per favorire il riconoscimento di un prodotto non solo danneggia l’economia, ma impedisce anche agli italiani di godere di scelte alimentari più sostenibili e salutari, contribuendo simultaneamente alla tutela dell’ambiente.”

Nel 2020, il Parlamento Europeo ha respinto la proposta di vietare alle aziende di utilizzare termini come “hamburger” e “bistecca” per i prodotti a base vegetale.