“Per me, ora è molto peggio”. L’Italia alla prese con una fuga dei cervelli sulla scia del controverso divieto di utilizzo della carne coltivata

Dopo che l’Italia è diventata l’unico paese al mondo ad aver vietato la carne coltivata, parliamo con i ricercatori del futuro che li aspetta.

Questo articolo è disponibile anche in inglese.

22 dicembre 2023

I ricercatori mettono in guardia dalla fuga dei cervelli dopo il controverso divieto

A novembre, l’Italia ha vietato la produzione e la commercializzazione della carne coltivata. Sebbene la ricerca non sia espressamente vietata, il divieto sta creando un clima di incertezza tra accademici e ricercatori.

Alcuni temono che giovani scienziati di talento possano lasciare il paese – una prospettiva preoccupante, considerando che quasi il 10% degli italiani vive già all’estero. Altri sono preoccupati che la misura possa ridurre le opportunità di finanziamento future e danneggiare la posizione scientifica del paese a livello globale.

“Abbiamo già molti giovani ricercatori che se ne vanno dall’Italia per vari motivi”, ha detto Nike Schiavo, ricercatrice dell’Università di Trento. “E per me ora è molto peggio”.

La dott.sa Schiavo, che è anche co-fondatrice e membro del consiglio di amministrazione di Cellular Agriculture Italy, creata per aiutare la nascente industria della carne coltivata del Paese a svilupparsi, teme ora di non avere altra scelta se non quella di andare all’estero per intraprendere una carriera nel settore da lei scelto.

“Il nostro paese ha investito denaro per darci un’istruzione”, ha detto. “Ma dovremo andarcene perché qui non abbiamo un futuro. Mi piacerebbe avviare una start-up di carne coltivata, ma oggi non avrebbe senso farlo qui.

“Non voglio spostarmi in un altro campo di ricerca solo perché non ho la possibilità di continuare. Non si tratta solo delle competenze che ho accumulato in questo settore, ma anche della mia motivazione”.

Luciano Conti, professore associato di biologia applicata presso l’università, ha aggiunto che anche se i ricercatori più affermati come lui potranno tornare nei loro settori, questa non sarà un’opzione per tutti.

“I giovani ricercatori come Nike che vogliono continuare a lavorare in questo settore non hanno più opportunità in Italia”, ha detto.

Il Prof. Conti ha aggiunto che, nonostante le promesse del governo di rendere la ricerca libera e aperta, il divieto renderà più difficile per i ricercatori di carne coltivata ricevere finanziamenti, vista l’impossibilità di uno sbocco commerciale.

“Non voglio spostarmi in un altro campo di ricerca solo perché non ho la possibilità di continuare. Non si tratta solo delle competenze che ho accumulato in questo settore, ma anche della mia motivazione.”

Nike Schiavo

Luciano Conti, professore associato di biologia applicata presso l’università, ha aggiunto che anche se i ricercatori più affermati come lui potranno tornare nei loro settori, questa non sarà un’opzione per tutti.

“I giovani ricercatori come Nike che vogliono continuare a lavorare in questo settore non hanno più opportunità in Italia”, ha detto.

Il Prof. Conti ha aggiunto che, nonostante le promesse del governo di rendere la ricerca libera e aperta, il divieto renderà più difficile per i ricercatori di carne coltivata ricevere finanziamenti, vista l’impossibilità di uno sbocco commerciale.

“Ufficialmente, la nuova legge non dovrebbe avere ripercussioni sui ricercatori”, ha detto. Ma in questo campo i finanziamenti privati sono il principale motore della ricerca e ora ci troviamo in grosse difficoltà quando si tratta di andare avanti”.

“Al momento, in Italia non ci sono finanziamenti pubblici su questo tema e non ci sono finanziamenti privati”.

Le implicazioni a lungo termine del divieto preoccupano anche Cesare Gargioli, professore di biologia applicata all’Università di Roma, secondo il quale il nuovo clima impedirebbe alle scoperte scientifiche nello sviluppo della carne coltivata di andare anche a beneficio di altri settori.

Il prof. Gargioli, che è passato alla carne coltivata due anni fa dall’ingegneria scheletrica e muscolare, afferma che, poiché entrambi i settori utilizzano tecnologie simili, le innovazioni apportate in questo spazio in rapida evoluzione potrebbero avere un impatto che va ben oltre il mondo delle proteine alternative, dando potenzialmente un enorme impulso a campi come la medicina rigenerativa.

“Non si tratta solo dello sviluppo di un prodotto che potrebbe essere commercializzato in futuro”, ha affermato. “Vietare un prodotto potenziale, e tutto il lavoro necessario per svilupparlo, può causare un grosso problema alla nostra ricerca”.

Alessandro Bertero, professore associato all’Università di Torino, condivide la preoccupazione che i giovani possano trasferirsi in altri Paesi europei o scegliere di non entrare nel settore.

Ma ritiene che ci siano motivi per essere ottimisti sulle prospettive a lungo termine dell’Italia, sottolineando che ci sono ancora opportunità per mettere a frutto le competenze biomediche del Paese nella ricerca di fase iniziale, anche se qualsiasi produzione che nasca come risultato delle scoperte italiane dovrà essere scalata altrove in Europa.

Luca Lo Sapio, assistente alla cattedra di filosofia morale e bioetica presso l’università.

Il prof. Bertero ha aggiunto che la disinformazione che ha dominato il dibattito italiano dimostra che gli scienziati devono collaborare più strettamente per garantire che le inesattezze possano essere corrette tempestivamente: “Spero che possiamo imparare da ciò che è successo in Italia e impedire che accada in altri paesi”.

Luca Lo Sapio, assistente alla cattedra di filosofia morale e bioetica presso l’università, ha affermato che ora è ancora più necessario che gli accademici di diverse discipline – comprese quelle umanistiche – lavorino insieme, presentando argomentazioni potenti e convincenti sulla necessità della carne coltivata e su come questa possa inserirsi nella cultura alimentare italiana.

“Dobbiamo raddoppiare gli sforzi per cambiare l’atteggiamento delle persone”, ha detto. “Non possiamo dire di aver perso la guerra, ma solo una battaglia”.